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DI ARTE.
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DI PAROLE.
DI SCRITTI.
​DI PENSIERI.

A cura di: Barbara Cappello

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ARS VIVENDI IN BICI CREANDO

2/15/2020

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Se la comparsa della ruota ha favorito lo sviluppo della condizione umana dentro il progresso al fine di evolversi in meglio, al contempo, addizionata da un motore meccanico, ha creato una velocità superiore alla relazione emozionale del corpo a contatto col mondo esterno.
Questo stato richiama dunque, una necessità primitiva, ma al medesimo tempo evoluta, attraverso l’uso del cerchio con i raggi, affinché il corpo umano benefici della bellezza del movimento nello spazio naturale senza l’utilizzo di un motore meccanico, bensì azionando il moto attraverso le energie proprie.
Un desiderio, questo, che si concreta implicando due ruote, un telaio, dei pedali, un manubrio e tanta voglia di viaggiare, muoversi dentro una dimensione temporale con velocità variabile a seconda dell’intensità energica, e, variegate immagini che dentro questa estensione prendono forma.
Se, per paradosso, il cerchio ha un effetto visivo statico, i raggi ne conferiscono il movimento dentro il quale l’arte prende il posto centrale, il nucleo da cui parte quella energia motoria che si espande attraverso la creatività, tenendo come tema principe proprio questo oggetto dinamico di trasporto, che tanto ha fatto sognare generazioni, fin dalla tenera età, che tanto ha emozionato generazioni attraverso grandi campioni che la hanno cavalcata, che tanto è servita alle generazioni passate per spostarsi da un luogo all'altro, che tanto, proprio oggi, è divenuta un raffinato gioiello, il quale diverrà  “ars vivendi”  per un ritorno al futuro.
E, se nell'antichità, secondo Anacreonte, “la vita degli uomini rotola via senza sosta come i dischi delle ruote dei carri”, qui vogliamo far ruotare l’arte, senza limite di velocità, tra i raggi di quel velocipede dove la vita riprende il suo spazio.
 
©Barbara Cappello
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Phánes in Progress - video | sound | body mapping performance - progetto -

6/19/2019

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“L’acqua il vento
La sanità delle prime cose Il lavoro umano sull'elemento
Liquido - la natura che conduce
Strati di rocce su strati - il vento
Che scherza nella valle - ed ombra del vento
La nuvola - il lontano ammonimento
Del fiume nella valle E la rovina del contrafforte - la frana
La vittoria dell’elemento - il vento
Che scherza nella valle”.
Dino Campana


La vittoria dell’elemento come emblema primario di Phánes, il primo nato, che con la sua luce dava la vita. Elemento che si specchia in Dioniso, bambino divino, nato dall’Uovo d’argento che per mano dei crudelissimi Titani viene assassinato e smembrato, per poi rinascere per mano di Atena che ne raccoglie il cuore ancora palpitane e divenire la rappresentazione divina del Tutto.
La forza della cultura del nostro essere rappresentata in una performance costruita con video mappature corporee ed extracorporee, suoni progressivi di audace suggestione e parole estrapolate sia dai Canti Orfici Antichi che dai Canti Orfici di Dino Campana.
 
Un vento che scherza nella valle, come nel canto sopra citato, perché lo scherzo della Vita è generato dalla morte divina di Phánes, come altresì il vento stesso genera la morte sradicando foreste intere. Un atto crudele, di indicibile violenza, ma poetico nella rinascita della consapevolezza dell’essere, come nella rinascita della futura natura sotto gli alberi strappati alla terra.  Un gesto attraverso la cui bianca immagine dell’elemento si affonda dentro il rito sacro della vita e della morte, elementi di un cerchio unico che sempre si ripetono senza data e senza tempo. Un Kósmos ordinato entro cui lo sguardo dei quatto occhi puntati su ogni direzione cardinale osserva lo sconfinato Lago di Mnemosine, per assorbirne quella memoria che dai tempi antichi ad oggi è, e sarà, il suscitare del ricordo delle origini e lo scaturir dal cuore l’unità del Cosmo.
Un progresso ove
 
Una performance composta dalla proiezione di  una serie di video concatenati da momenti performativi dal vivo e contornati da suoni elettronici arricchiti da tracce vocali che apre il sipario con un prologo su una delle foreste recentemente abbattute dai forti venti dell’ottobre 2018 nel nord dell’Italia, immergendosi successivamente nel mito greco dell’Uovo Cosmico che diede luce a Phánes, dalla cui morte rinacque Dioniso e dal cui efferato smembramento da parte dei Titani, egli ritornò in vita come dio per mano di Atena. Un rito orfico che sempre si ripete in ogni esperienza di vita-morte.  Dunque orfismo antico nel rappresentare Dionisio che si estende ad oggi con la tragedia naturale delle foreste abbattute da quella “potenza divina”, quale il vento. Lo stesso vento che ruppe violentemente il guscio dell’Uovo d’argento dai cui Phánes uscì come essere totale del tutto. Un perpetuo ripetersi che concluderà questo viaggio performativo con un canto orfico di Dino Campana, Il Canto della Tenebra, e, naturalmente con il rigoglio di una nuova e florida foresta. Un collegamento trasversale nel tempo attraverso l’orfismo antico e contemporaneo.
Cosa ci può essere di più verosimile e parallelo nel cercare di spiegare certi fenomeni? Se, come A. Artaud sosteneva che la crudeltà è generatore di nuova vita, il mito greco ce lo ha sempre detto, tramandato. Resta a noi prendere coscienza che vita-morte sono un tutt'uno e che ogni evento negativo porta con sé quello positivo.
 
Creazione artistica a sei mani.
Barbara Cappello: ideazione e performer.
Luciano Olzer: video art.
Massimo Biasioni: composizione sonora e sound design.
10 luglio 2019, Lerici- Catello San Giorgio  – SP –



https://www.facebook.com/B.ArtBarbaracappello/?modal=admin_todo_tour



​luo413.wixsite.com/luciano-olzer/blank-mpvle



www.biasioni.it/



Si ringrazia: Angelo Tonelli, Comune di Lerici, Associazione Arthena









©Barbara Cappello

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Un Corpo folle nel logos lucido.

6/19/2019

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“la Sibilla con bocca folle proferendo cose senza
sorriso né ornamento né unguento, con la voce
penetra i millenni, attraverso il dio”
Eraclito Fr 67
 
 Come follia si può intendere non solamente lo stato di alienazione mentale, ma anche la danza cinquecentesca di origine iberica con movimento moderato in misura di 3/4. Dunque il corpo entra in azione attraverso una forma di tema variato, ove la parola ne definisce le forme e il linguaggio ne distribuisce i movimenti; il tutto attraverso una ricerca di effetti sonori scritti con minuziosa ricerca nella verità del logos stesso, ovvero l’utilizzo del significato proprio delle parole stesse, le quali disegnano una poesia finemente distillata, scevra dai lazzi sentimentali, ricca di riflessioni e introspezioni. Pertanto una danza con risonanza e riflesso di un corpo dentro uno specchio in cui l’unità immaginaria si espande nello spazio esteriore ed interiore del lettore.
Un corpo poetico che si addentra nel luogo di un momento assente di materialismo, all'interno del nulla, come nella caverna socratica vuota, ove sono presenti gli indizi, le ombre, i quali riflettono spicchi di sagome del vivere, attraverso i sensi percettivi. Una introspezione fatta con i semplici strumenti del corpo, strumenti che Annachiara Marangoni utilizza con la maestra capacità di un eccelso cardiochirurgo, per fare in modo che la riuscita del suo intervento sia la riattivazione del sopito, flebile e irregolare battito del cuore della poesia. Una poesia da lei definita come atto osceno, perché necessita di essere messa a nudo, affinché il pubblico attuale distante e distratto possa nuovamente desiderare tale atto, come cibo per un vivere riflessivo e riflesso del sé. Dunque la conoscenza del sé risulta essere il segno primigenio del suo logos poetico, un dardo, insieme aculeo, balsamo, veleno e  medicamento, una poesia verticale in cui scendere nel profondo e risalire nel cosmo, senza fronzoli legati ai sentimenti miseri a cui il corpo talvolta si assoggetta, ma pregno - come una gravidanza - di simboli e suggerimenti su cui soffermarsi con attenzione, senza immedesimarsi, bensì semplicemente confrontarsi, così da ricostituire e dar nuova vita al proprio corpo poetico. Dunque la bocca folle di una Sibila, quale dispensatrice di versi ermetici, con colore surreale, che intende penetrare in un tempo assente dal tempo con la voce divina della poesia. Millequattrocento versi scritti con una mente lucida che formano, contornano, definiscono, costruiscono un corpo fatto di parole poetiche, di sensibilità, di limpidezza ove la follia diviene vezzo da mostrare senza pudore, nel pieno della fierezza.
 
Durante la presentazione del suo libro Il corpo Folle, a lei dedicata, farò immaginariamente incontrare Annachiara Marangoni con scrittori e poeti attuali e del passato. Metterò in conversazione alcuni dei suoi versi, ove tali scrittori e poeti risponderanno con i propri. Un vero dialogo in cui emergerà l’importanza della forza riferita alla poesia come dialettica raffinata tra gli esseri umani.
Saranno dunque “presenti” a dialogare con Annachiara: Eraclito, André Gaillard, Hans Bellmer, Antonin Artaud, Roland Barthes, Pedrag Matvejevic e Miguel Angel Cuevas.

Le poesie saranno lette  dalla voce maestra di Alfonso Masi ed accompagnate con della musica.
 

©Barbara Cappello
 
Mercoledì 26 giugno 2019 ore 17:00
Palazzo Albere: nel contesto della mostra Artisti a Statuto Speciale 2019

​Autrice libro: Annachiara Marangoni.
Edizione: Montedit - Collana I Gigli (poesia)
Presentazione a cura di; Barbara Capello.
Letture a cura di : Alfonso Masi
 



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CORPO SPAZIALE 2018 - Tempesta Solare - Eclisse - Suopernova - Pioggia Meteoritica

5/6/2019

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Tempesta Solare
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Eclisse
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Supernova

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Pioggia Meteoritica
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"Zolla ritorna cosmo, per ridare
alle stelle energie germinative
create qui dal pullulio solare
d’erbe e d’umanità: zolla come vive
nei cieli sovraumani
tessendovi il domani". 
-Arturo Onofri –

 
Secondo l’astrofisica l’origine del corpo umano primaria risiede nelle stelle. Nel caso specifico nelle Supernove, ovvero quelle stelle molto più grosse del Sole che alla fine della loro vita esplodono e si sparpagliano nello spazio, in quanto tutti gli elementi, dall’idrogeno all’uranio sono stati fatti nelle reazioni nucleari che avvengono appunto nelle supernove.
Figli delle stelle, frammenti di stelle, la maggior parte degli elementi che costituiscono questo meraviglioso corpo umano sono “polvere di stelle”.
Dunque parafrasando la poesia di Onofri direi che questo Ánthrōpos ritorna al Cosmo quale zolla di terra, come testimonianza del passaggio nell’Universo in un tempo non quantificabile dalla clessidra di sabbia, bensì visibile dalla taccia lasciata da Kairós. Una traccia che nelle opere del Corpo Spaziale, definisco con il solco della macchina da cucire, con l’astrazione dei bianchi, con la materialità del corpo femminile.
Tempesta Solare, essere di luce, senza tempo, magnetismo prorompente, energia generativa, come Demetra è la spiga d’Oro è la messe rigogliosa che garantisce il florido raccolto, che sfama gli uomini, che si mostra con quel suo calore erotico maturo, caldo, estivo, bruciante.
Eclisse, una Luna timida che si nasconde nell’ombra del Sole, come Artemide, cacciatrice, si nasconde appena, ma la sua natura prorompe nella sua virginea apparizione. Selenica, pura. Tremenda, ciclica, spietata con le prede, affabile con i suoi simili, carezzevole con l’amore.
Supernova, le reazioni nucleari la fanno esplodere in vari frammenti che compongono altri corpi. Come Persefone si annienta nelle tenebre dell’Ade per ritornare a dare nuova vita sulla Terra con l’albeggiare della primavera. Ama la morte, come ama la vita, è il ciclo del perpetuo ritorno. Del dicibile, dell’indicibile.
Pioggia Meteoritica, uno sciame di frammenti celesti, lasciati da una stella cometa che generano una scia luminosa, Quadrantidi con una areola violacea, come le Erinni, figlie del sangue di Urano, forze primitive, che non riconoscono l’autorità degli dei, anarchiche, dissidenti, disobbedienti, l’altra faccia dell’umanità, la trasgressione che talvolta capovolge il potere tiranno e talaltra fa compiere crimini.
Queste le caratteristiche che in Ánthrōpos si mescolano e distinguono, che si incarnano e discarnano nel gioco della vita e della morte, nel vivere individuale, in quello sociale, che sta anche in relazione con il nostro pianeta.  E il Cosmo richiama a sé tutti questi elementi, se così possiamo definirli, in quei cieli sovraumani di Onofri, per tesservi il domani. Una relazione stretta, senza tempo, che venne raccontata alla radice della nostra cultura, che si ripete nei cicli storici, che ritornerà in futuro. Formule elementali che si ripropongono, ma a cui potremmo cambiare destinazione d’uso per una modifica al domani afferrando quell’attimo che Kairós ci offre al suo passaggio.
Raccontarlo attraverso corpi femminili è un dovere, per mettere in risalto bellezza, qualità, brutalità, vitalità, debolezze, erotismo, cattività, libertà, creatività, distruzione di cui siamo composti, di cui andiamo fieri, di cui possiamo smussare gli errori. E, soprattutto per ricordarci che siamo un tutto con il Tutto, senza distinzione di genere, appartenenza e cultura, semplicemente figli delle stelle, capaci di ridare a questi nostri antichi genitori le energie rigenerative.
©Barbara Cappello
 

CORPO SPAZIALE – serie -2018 –
Polittico composto da 4 elementi:
Tempesta Solare – Eclisse – Supernova – Pioggia Meteoritica –
Foto analogica (scatto personale) su carta di cotone composta e cucita a macchina, pastelli ad olio, resina acrilica, su tela – 50 x 50 cm cadauna
www.facebook.com/B.ArtBarbaracappello/?modal=admin_todo_tour


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ANTEPRIMA - mostra collettiva - Spazio Bigaran - TN

3/13/2019

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opera di Lome Lorenzo  Menguzzato

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opera di Antonello Serra

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opera di Matteo Boato

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opera di Barbara Cappello

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Mi hanno chiesto che cosa accomuna le nostre opere. Dunque senza esitare ho risposto che ci distinguiamo nelle tecniche, così diverse; tuttavia abbiamo un filo conduttore che lega gli elementi primari. Matteo Boato, con la sua forte presenza dell'elemento terra, sia nel rappresentare le sue città viste dall'alto che le visioni terrene, sempre aeree, sia anche attraverso i suoi olii, così pieni, si accosta a Antonello Serra, anch'egli materico nei sui lavori , tuttavia con un forte rimando all'elemento fuoco, quello ancestrale narrato dalla simbologia nuragica. Mentre Lorenzo Lome Menguzzato, si eleva con l'aria, attraverso quella leggerezza poetica tipica dei suoi tratti, su carta o tela e nelle sue sculture, se pur di materiale pesante, ma di evocazione poetica ed infine io, che esprimo il corpo nell'elemento fluido e mutevole dell'acqua, senza tralasciare la sottile importanza dell'erotismo come elemento elegante.
Pertanto quel che ci lega è l'armonia tra gli elementi che crea un dialogo, un confronto, una relazione tra le nostre espressioni artistiche.
Barbara Cappello.


​Vernice: sabato 16 marzo 2019 ore 18:00
Spazio Bigaran - via Torre Augusto, 21 - Trento -
Info:  Barbara Cappello


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Meduse-in-noi.

2/23/2019

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MEDOYSA
2013 
93 X 63 cm
Foto analogiche ( scatti personali) su pannello legno. smalto acrilico
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tavola 31 - N. Shubin- Il pesce che è in Noi

Confrontare rane, pesci con un essere umano è una cosa, mentre confrontarlo con esseri quali anemoni e meduse, ovvero animali primordiali è tutto altro affare.
Eppure la maggior parte degli animali, come l’uomo, hanno un asse corporeo definito dalla direzione in cui si muovono. Per noi la bocca è alla estremità opposta rispetto all’ano,e, per come pesci e insetti, sul “davanti”. Ma tornando alle forme viventi come meduse e anemoni di mare, possiamo considerare che hanno solo la bocca, che funge per ingerire ed espellere. Ebbene risulta vertiginoso, soprattutto ai biologi pensare di confrontare queste specie con altre viventi. Tuttavia secondo il parere di questi ultimi, data la forma degli anemoni, ovvero a tronco d’albero con un lungo fusto centrale e i tentacoli alle estremità, è possibile tracciare un asse immaginaria dalla bocca sino alla base, disegnando, pertanto, una longitudine. ( vedi tavola 31 - N. Shubin- Il pesce che è in Noi) Questa linea, se pur astratta viene cosidettamente chiamata : asse-orale-aborale. Dunque, seguendo questa “traccia immaginaria longitudinale, i biologi come Martindale, hanno scoperto che versioni primitive dei geni che formano le parti principali del nostro corpo, come l’asse longitudinale bocca-ano, sono di fatto presenti, come geni attivi, negli anemoni marini lungo l’asse orale-aborale.
Ebbene, pensare di paragonare una forma marina come anemone di mare, oppure medusa al nostro corpo diviene un affare da indagatori dei geni, da ricercatori della biologia, ma declinarla in arte è una questione di pura estetica, come mi sono permessa di rappresentare.
Quanto belle sono quelle meduse che volteggiano, in assenza di gravità marina, che con grazia danzante si spostano nello spazio?
Medoysa!
​Barbara Cappello

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Una Occhiata qua. Una Occhiata là.

2/22/2019

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OCCHIATE
Polittico composto da 4 pezzi 40 x 40 cm cad
2013
Fotografia digitale personalmente scattata, stampata su acetato, smalto acrilico su tela.
​Una Occhiata qua. Una Occhiata là.
Occhi nei pesci. Occhi in noi
Nuotando pigramente sotto il pelo dell’acqua, munita di un paio di pinne ed una maschera da sub, sono solita intravvedere dei banchi più o meno numerosi di occhiate. Questi scintillati pesci striati, apparentemente imbranati e astigmatici, tutto sono tranne che lenti e poco svegli. Certo forse non hanno un carattere come il polpo, ma si divertono a farsi quasi raggiungere con le mani per poi sventagliarsi gli uni dagli altri e dileguarsi piuttosto lontano. Osservandoli bene hanno questo sguardo rotondo, sbarrato, ma che con una occhiata furtiva intravedono velocemente l’eventuale pericolo. Mi sono spesso domandata se il nome volgare a loro attribuito sia effettivamente un rimando a questo loro sguardo oppure alla loro forma che ricorda una occhiata sbalordita. 
A proposito di occhi, riprendendo il libro di Neil Shubin , “Il Pesce che è in Noi “possiamo leggere che l’occhio fotografico è una caratteristica comune in tutte le creature con il cranio, dai pesci ai mammiferi e come egli scrive “Possiamo considerare l’origine e l’evoluzione dei nostri occhi come organo completo, oppure quelle delle parti che li compongono – cellule e tessuti, e anche i geni che li controllano. Una volta identificate le molteplici stratificazioni nella nostra storia, ci rendiamo conto di essere semplicemente un mosaico di tessere incastrate insieme, e lo stesso discorso vale per qualsiasi altro essere vivente sul pianeta”. 
Ma questi occhi, questi pesci sono solamente posizionati come siamo soliti vederli, oppure una occhiata può intravedersi sino ad apparire tra le sinuose concavità di un corpo femminile specchiato con sé stesso?
Basta dare una occhiata!
​Barbara Cappello


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STELLUNE. Il segreto di un lago scritto nelle carni.

2/10/2019

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Quando le linee grafiche evidenziate in un corpo espongono il disegno inequivocabile di quel pesce che continuo a ricercare nelle carni della bellezza di una giovane modella, amica, compagna nel tratto del tempo che ancora è in corso, e, quando il riflesso di tale innocenza geometrica evoca la calda quiete di un lago, il segreto di quel corpo affiora in superficie, come le forme di una stella specchiata nei cristalli liquidi di quelle stesse acque. Stellune, sei! Come il lago del caro Lagorai, terra natia della nonna mia. Terra di una catena montuosa così timidamente bella che fa caponare la pelle quando la si percorre. Stellune, sei una perla incastonata nella vita, come il lago è un prezioso dal valore inestimabile. 
“ Sono stata concepita sulle rive del Lago delle Stellune”, mi confida, dopo aver visto l’opera. Non lo sapevo. Mi sono commossa. Ecco come un corpo mantiene la memoria di un segreto d’amore e lo svela attraverso l’innocenza di un tratto artistico. Dunque non solo la genetica evolutiva è scritta nelle linee dei nostri corpi, ma forse anche i tratti di avvenimenti, vite passate, segreti? Un mistero seducente che mai smetterò di osservare.
Stellune
60 x 80 cm
Foto analogica( scatto personale) su acetato, smalto acrilico su tela finemente preparata.
​Barbara Cappello

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Nervi, come pesci.                                                           Trigemino. Facciale. Glossofaringeo. Vago.

2/1/2019

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​Proviamo a curiosare nelle similitudini che abbiamo con un pesce. Prendiamo questa immagine dal libro Your Inner Fish di Neil Shubin e osserviamo la tavola 25. Apparentemente, nella figura sottostante non vi è nulla di percepibile, se non lo schema dei nervi craniali esistenti in uno squalo e in noi. Ma se osserviamo la figura sopra, quella vista in sezione dall’alto ci rendiamo conto che la geografia dei nervi craniali è molto somiglianti nell’uomo quanto nei pesci; essi fuoriescono nello stesso ordine e regolano strutture simili.
Dato che il mio cervello, dunque, risulta simile a quello di uno squalo, le visualizzazioni nei corpi umani di pesci di varia natura è esplosa, concretizzando gli svariati lavori che ho realizzato.
Dato che il mio cervello, dunque, risulta simile a quello di uno squalo, le visualizzazioni nei corpi umani di pesci e esseri marini di varia natura è esplosa, concretizzando gli svariati lavori che ho realizzato.
Nel caso di Totàna, l'opera raffigurata nelle immagini,è chiaro come negli incavi dello stesso corpo speculare,risulti la sagoma perfetta di un totano.
Totàna - trittico - 2014 - foto digitale stampata su acetato, smalto acrilico, su tela. Gli scatti fotografici sono personalmente eseguiti.
 ​©BarbaraCappello
 


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Pesci: antenati. Pesci: in noi. Pesci: artistici.

1/20/2019

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Tra i tomi di fisiologia e anatomia umana, qualche anno fa, in biblioteca, trovai un libro di dimensioni tascabili che attirò la mia attenzione. IL PESCE CHE È IN NOI. 
Subito la curiosità mi spinse a sfogliarlo, in quanto trovai davvero curiosa la sua collocazione negli scaffali dedicati a quel tipo di tomi, tanto che lo presi a prestito per portarmelo a casa. Neil Shubin, autore del libro, paleontologo marino, biologo evoluzionario insegna, ad oggi, anatomia all'Università di Chicago, e, in questo suo libro parla della sua scoperta di un fossile che ha cambiato la storia dell’evoluzione.
Dunque egli, dopo aver rinvenuto, con le proprie mani, dietro approfonditi studi e ricerche, nei ghiacci del Circolo Polare Artico un fossile di un pesce appartenente a circa 375 milioni di anni fa, ci racconta con dati scientifici dell’evoluzione della vita marina che, attraverso quel pesce e periodo si avvia per diventare vita terrestre. Tiktaalik, così fu battezzato il fossile, si presenta con “le mani”, ovvero le sue pinne laterali si mostrano con delle articolazioni simili alle dita di una mano. Sì, perché in quel periodo, il Circolo Artico era una grande palude, a causa dello scioglimento totale dei ghiacci, in via di disseccamento, quindi, la vita, che prima era totalmente marina, andava evolvendosi per uscire da quelle paludi ormai quasi prosciugate, per divenire vita terrestre. Ecco, pertanto, la dimostrazione scientifica di quell'anello evolutivo che fino a pochi anni fa era mancante, oppure semplicemente dato per tesi, ma non per dimostrazione scientifica.
Rimasi talmente affascinata da questo suo libro che cominciai a visualizzare i pesci dentro di noi. Queste forme marine che compaiono nelle linee del copro umano, dentro e fuori le concavità e convessità, tanto che nei miei lavori artistici spesso lo metto in evidenza, ci gioco, ne faccio quasi una fisiologica ossessione.
​Barbara Cappello

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