in due si riesce meglio che da soli”.
Louis Ferdinand Céline
Il viaggio è un luogo-non luogo, un lasso di tempo visto tra una partenza ed un arrivo,
ma contrariamente può essere anche un luogo-non luogo senza punto di partenza e
aspettativa di arrivo, semplicemente uno stato temporale in cui tutto o nulla può
apparire, o, scomparire.
In questo viaggio siamo senza valige, senza condizioni che potrebbero forviare il
percorso-non percorso, senza spazzolino e filo interdentale, senza biancheria intima.
Viaggiamo solo con un uno speciale strumentario: i sensi. Nudi, nel pensiero, ci
affacceremo al finestrino della mente per osservare questo mondo che non c’è, ma che forse c’è. Sta a noi percepirlo, indagarlo, scoprirlo, apprezzarlo, gustarlo, criticarlo, velarlo, svelarlo.
Ciò che appare è il mondo interiore nascosto nella trama della tela pennellata,
dove la percezione diviene tattile, in quanto pregna di stati d’animo, i quali si
manifestano matericamente. Ne possiamo tastare lo spessore, la profondità e la
levatura. Ne possiamo ascoltare il battito, semplicemente accostando lo sguardo al
colore. Ne possiamo assaporare anche la fragilità, ponendoci con gli occhi del cuore.
Ecco che le opere lentamente si svelano, mostrano, sotto l’apparente astrattismo una struttura ben definita nei sentimenti e nelle emozioni umane, un mondo interiore che si vela da quello esteriore, ma che esiste e con delicatezza si mostra timidamente.
Picasso asseriva che l’arte astratta non esiste, perché bisogna sempre partire da qualche cosa. Eccoci ad una sosta di riflessione durante il viaggio nel mondo che non c’è (ma che forse c’è). Difatti un punto di partenza c’è, la tela, ovvero la struttura della materia e, altra partenza materica è il colore sul pennello. Ma, la partenza astratta del pensiero, dove la poniamo? E se astratta è, come facciamo a definirla con dei contorni, forme, figure? E ancora, davvero è una partenza, oppure è una intuizione che ci porta a svelare qualche cosa?
Dunque dopo una pausa rinfrancate al bar ed aver bevuto una freschissima acqua di
sorgiva pensante, profumata alla violetta, proseguiamo questo viaggio per scorgere le
svelature della partenza astratta.
Scompaiono le materie, compaiono le forme. La magia è data dalla fotografia dove non si tocca con mano l’immagine, ma si scruta con gli occhi. Lo stato onirico si manifesta appieno nella forma svelata che da una intuizione astratta si palesa sopra l’immagine stampata. Ecco dunque che i contorni prendono la forma, suggerita dall’attimo in cui lo scatto fu, per fermare quell’istante prezioso in cui ancora nulla si vedeva, ma che ora appare disegnato.
Dunque l’opera astratta (non) esiste, poiché è l’altrove, mondo in cui la materia si definisce col pensiero e il pensiero si ridefinisce nella materia. Questo è un dialogo importante, tra compagne di viaggio quali Francesca Libardoni e Valentina Niccolini, che insieme espongono due lavori artistici nettamente differenti all’apparenza, per via dei materiali e tecniche utilizzate, ma in forte dialogo e scambio tra essi.
Le velature della pittura astratta di Francesca si svelano dunque senza vergona e
manifestano stati d’animo talvolta inaccessibili, mentre le fotografie di Valentina svelano un qualche cosa che in quel preciso istante dello scatto rimaneva occulto e velato. Pertanto come Céline scriveva, “Spiegarsi è tutto nella vita, e in due ci si riesce meglio”; ecco che l’arte messa in codesto dialogo si esprime al meglio parlando, mostrando ciò che è visibile, ma anche ciò che è nascosto.
E, se in questo mondo che c’è: “Uomini, bestie, città e cose: è tutto inventato” (L.F.Céline), nel mondo che non c’è: “Per te, io non esisto ancora. Per me, tu non esisti più. Alla fine del tempo, quando la materia prende il cammino del ritorno al punto di origine, tu e io saremo stati solo ricordi, mai realtà. Qualcosa ci sta sognando”. (A.Jodorowsky).
Bello! viaggiare nel mondo di Francesca e Valentina, un momento di velature svelate
che svelano la velata realtà. Prenotate il vostro viaggio!
©Barbara Cappello