Attraversare una strada, percorrere un marciapiede, camminare tra le case di una città è un gesto quotidiano solito a tutti, almeno a tanti. Ma vedere, tra le persone che si incontrano, che ci sono delle anime disperse, dimenticate, disperate, talvolta anche sconosciute anche alla legalità è caratteristica unica di uno sguardo sensibile, che sa cogliere quelle storie invisibili, celate sotto abiti diversi dai costumi che la nostra cultura è solita indossare. Ecco dunque che gli occhi di Cassia Raad focalizzano lo sguardo su alcune storie di confine sociale, distanti da noi in quanto nascoste tra le pareti di strutture protette, per rifugiati, immigrati, gente appartenete a culture e religioni differenti dalla nostra. Pertanto la sensibilità del suo cuore si amplifica e tenta di tradurre alcune storie di vita attraverso il meticoloso lavoro della sua espressione artistica, realizzando un linguaggio scritto attraverso la fotografia e il certosino lavoro del mosaicista. Utilizza immagini sulle quali applica delle pietruzze, delle murrine e ne ricama il tutto con foglia d’oro. Come se quelle piccole pietre volessero memorizzare i tratti dei corpi, i quali esprimono quelle storie indicibili, così da tenerne memoria e raccontare poi a chi sa osservare l’opera.
Muri che vengo infranti da uomini di pietra, una metafora forte che mette in risalto la pietrificazione umana di fronte a dei mattoni veri, ma che tenta comunque di aprire una breccia verso il cielo della speranza. Una futura nascita che già racconta le difficoltà della nuova vita ad inserirsi in questa società, addolcita dalla raffinata speranza del luccichio delle murrine.
Un racconto, in queste opere, che deve parlare ad alta voce, senza timore di giudizio, perché narrare con l’arte è un impegno che Cassia sente vivo nell’anima propria. Perché la sua speranza è quella di giustizia, di comprensione e accoglienza, non di accettazione del diverso, per trovare la strada della realtà visibile.
©Barbara Cappello
Muri che vengo infranti da uomini di pietra, una metafora forte che mette in risalto la pietrificazione umana di fronte a dei mattoni veri, ma che tenta comunque di aprire una breccia verso il cielo della speranza. Una futura nascita che già racconta le difficoltà della nuova vita ad inserirsi in questa società, addolcita dalla raffinata speranza del luccichio delle murrine.
Un racconto, in queste opere, che deve parlare ad alta voce, senza timore di giudizio, perché narrare con l’arte è un impegno che Cassia sente vivo nell’anima propria. Perché la sua speranza è quella di giustizia, di comprensione e accoglienza, non di accettazione del diverso, per trovare la strada della realtà visibile.
©Barbara Cappello