Premio Lino Midolini
Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d’isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto
Claudio Magris
Esiste un luogo, un microcosmo, alle porte della città di Udine, dove un torrente, il Torre, scorre da sempre. Un luogo in cui, nel moto del tempo lungo queste acque, nel rispetto dello stesso, un imprenditore, Lino Midolini, realizzò un Opificio ove il movimento costruttivo del lavoro e dei lavoratori del secolo scorso ebbe una storia importante per l’economia del territorio.
Oggi, la figlia, Raffaella Midolini impiega la sua forza, energia, sensibilità e lungimiranza per la riqualificazione del sito del quartiere del San Gottardo, sede degli Opifici industriali dismessi, attraverso le energie rinnovabili, e la realizzazione di un ambizioso progetto artistico e culturale entro il quale gli artisti che ne sono stati, e saranno, coinvolti esprimo la cultura e creatività artistica attraverso la Scultura, Murales, Graffitismo e Street Art, fino alla ristrutturazione degli ex edifici industriali, i quali diverranno luoghi espositivi, centri di incontro per conferenze culturali, residenze artistiche, laboratori creativi e centri musicali.
Il luogo sarà, inoltre, un parco risanato, in cui i cittadini potranno accedervi attraverso percorsi pedonali e ciclabili, nel quale sorgeranno delle colonnine per la ricarica elettrica delle biciclette. Un percorso in cui poter mirare le sculture poste nel parco, a cielo aperto; una ricreazione salutare artistica e culturale ove il focus è posto sul connubio di benessere accrescitivo del singolo, come del collettivo.
Un tributo, inoltre, all’imprenditore, che amava il benessere dei propri lavoratori, la cultura e l’arte.
Nell’Italia di oggi, questo progetto è una pietra miliare, posta sulla strada tortuosa del concetto relativo al dialogo tra arte – cultura – economia. Una pietra che diviene pregiata nel momento in cui si concretizza e dimostra come l’economia può essere sostenuta e può divenire sostenibile. Un tracciato importante che esprime un esempio per un futuro prossimo entro il quale di arte e cultura ci si può nutrire, non solo in senso figurato, bensì reale. Il fabbisogno del cibo artistico e culturale è parte del DNA del nostro Paese, ma non dimentichiamo che l’operosità di chi crea questo prezioso ingrediente ha il diritto di essere riconosciuto. E, chi investe in questo prodotto, spesso considerato non redditizio, è consapevole dell’esatto contrario, in quanto l’economia si basa anche sul riverbero di ritorno della propria immagine, come sulla possibilità, attraverso un progetto di questa natura, di creare degli organici dedicati, i quali muovono quella economia, mi permetto, “invisibile” non capitalistica.
Dunque, un atto di consapevolezza ben radicato, questo lodevole progetto ideato e realizzato da Raffaella Midolini, pieno di coraggio a cui le lodi vanno espresse a grande voce. Un disegno che rappresenta appieno l’incipit delle parole di Magris, nonché il profilo di Lino Midolini, perché è proprio quel paziente labirinto di linee che traccia l’immagine del volto dell’uomo, attraverso quel compito naturale di disegnarne il mondo.
Per questa prima edizione 2020 il Parco del San Gottardo, ex sede IFIM, è stato inaugurato attraverso la realizzazione e la messa in opera di dieci Sculture realizzate da dieci artisti territoriali. Le opere scultoree sono state interamente create con materiali recuperati dal sito stesso, quale luogo di discarica di inerti provenienti dall’edilizia, ora bonificato. Pertanto gli artisti si sono prestati a cercare i materiali che meglio potessero essere impiegati per le loro sculture. Questo è un grande esempio di come reimpiegare ciò che era destinato alla dismissione e di come un racconto legato alla archeologia industriale si concreti attraverso l’arte: inerti che furono vita di costruzioni fatte dalla mano umana, scaricati, perché inutilizzabili, rinascono nelle “viscere” dell’opera per mano della maestria artistica. Un “ritorno alla vita” in cui la storia del lavoro che si svolgeva in Opificio è testimonianza concreta iscritta nella scultura dentro la quale quel materiale diviene pregiato e assume l’estetica assoluta della bellezza.
Opere e artisti della Prima edizione Premio Midolini 2020 in ordine di fotografia.
Di cui vicitori:
Elena Clelia Budai
Marco Ciani
Marina Battistella
Massimo Podelmengo
“Senza titolo” 2020 – piastre in ghisa da sfangatrice
Un concetto raffinato, sinuoso, estetico, timido con una grande forza in cui la resilienza ne è l’accento primario. Una comunicazione vibrante attraverso l’etere che solca il futuro, attinta dal passato. Quasi tenta di nascondersi, come se avesse il desiderio di solitudine nel luogo in cui è posta, come il monaco dentro il suo monastero.
Bepi Fattori
“Levriero” 2020 – ferro recuperato
Maestria nella trasformazione: il materiale inerte, quale elemento di primo utilizzo sin dalla notte dei tempi, prende forma e pulsa nell’animale. Un prodigio cinetico nella stasi apparente, che evidenzia l’eleganza del levriero, emblema del perpetuo correre avanti, ma anche di gioco e relazione con l’uomo. Una simbiosi tra magia e realtà, tra forza e coraggio animale.
Marco Ciani
“Punti di Vista” 2020 –tubazione da metano
Saggezza e gioco della riflessione in cui lo sguardo apre il cono visivo in direzioni multiple; conduce verso l’osservazione pluridimensionale. Una breccia tubolare che apre la dialettica con il concetto del pensiero a sistema-binario. Una percezione Zen, elegante, raffinata in cui ogni dicotomia materiale, cromatica, esistenziale espone al concepimento di un futuro-prossimo a “portata di occhi”.
Maria Grazia Collini
“Tempi Burrascosi” 2020 – tubature di cemento – rete metallica
Suggestione esplicita di “Mare Nostrum”, ove la precarietà delle piccole imbarcazioni sono in balia dei flutti burrascosi, sia reali che ideologici. Altresì una nota giocosa del moto impetuoso della vita ove la precarietà della esistenza cerca il galleggiamento. Come la speranza del colore azzurro Marocco, quale pigmento intenso e intriso di vita. Un canto soave di sirena che travolge la vista col tocco reale del mare pietrificato dallo sguardo di Gorgone.
Elena Clelia Budai
“L’Atleta”2020 – guaina bituminosa, cemento – bobina per cavi
Simulacro sacralizzante nella rappresentazione dell’atleta contemporaneo, quale emblema della società produttiva industriale: il successo del corpo fattivo, perfetto, plastico, inscalfibile, in perpetua corsa verso l’orizzonte della meta preposta; costruisce l’economia profittevole da cui trae il proprio nutrimento. Antropocenico per eccellenza, celato dalla paura di identificazione sociale, muove l’essere proprio con la forza dell’implosione eccentrica, in una estasi estetica, proteggendosi con la benda intrisa della sapienza antica, quale rimedio che lo condurrà, forse, alla improbabile futura simbiosi con la natura del futuro.
Marina Battistella
“Donna con Cappello” 2020 – ferro recuperato
L’eleganza e la sinuosità rimandano ad una finezza dell’elemento naturale. Come una betulla che si erge verso il cielo, si contraddistingue in linee antropomorfe femminili attraverso il marcato segno dell’artificio del materiale con cui è stata forgiata. Una forza caratteriale esposta alle intemperie che svetta come un giungo nello stagno.
Marco Mantesso
“Giraffa” 2020 – telai motocicli – bulloni – tondini -tubi
Visione meccanico-cinetica di un futuro | presente in cui il segno animale possa evolversi in tal senso. Equilibrio e estetica della tecnica meccanica, quale proposta antitetica del mondo virtuale in corso.
Fabio Comelli
“La Fenice” – lamiere ferrose, acciaio inossidabile, scarti di lavorazione laser
L’arte barocca espressa con un materiale ferroso diviene una grande espressione estetica della rinascita dalle ceneri. Il fuoco appiccato ai piedi della Fenice – realmente appiccato – ne brunisce il metallo, conferendo alla Opera il segno del passato. Mentre il futuro pulsa la vita nel Cuore posto e protetto dentro un torace possente. Una Araba Fenice che cambia il volto assumendo i tratti della maschera del Medico della peste, con le ali che si aprono in un abbraccio di speranza per il volo pieno di speranza.
Elena Cossetto
“Kiklos” – scarti edilizi – cemento
Dialogo aperto tra umanità industriale e ambiente naturale. Gravidanza ancestrale pronta a forgiare il futuro. Una visione concreta, materiale, della creazione dell’umanità come segno perenne della cultura che vi passa attraverso nel tentativo di porre la riflessione verso una eco-sostenibilità futura.
Graziella Ranieri
“Il Grido della Terra” – 2020 – materiali ferrosi, rame, composto cementizio, ossidi
Necessità temporale che posa la testimonianza del processo umano. Un contraddistinto segno della forgiatura, per mano umana, del tempo, che grida silenziosamente dalla Terra su cui è posta. Quanto tempo abbiamo speso per arrivare al nostro progresso? Che cosa abbiamo impiegato per realizzare tutto il progetto progressivo dell’umanità? Quanto tempo residuo abbiamo ancora per recuperarne gli errori e per migliorarne i pregi, nonché per dare forgia a nuove realtà? Fermiamoci un momento, senza calcolo di tempo, e scopriamo tutto ciò che sbadatamente o consapevolmente eludiamo.
Sono stata personalmente e profondamente rapita ed emozionata da tutte queste Opere. Difficile darne un singolo giudizio, in quanto tutte, così come sono state realizzate e collocate creano un unisono comune: Arte significa espressione di pensiero e sensibilitภin sua assenza potremmo dimenticarci di chi siamo, cosa facciamo qui e da dove veniamo.
©Barbara Cappello
Trento, lì 16 settembre 2020