FASCINO E MAGIA

Quali siano le gesta applicate da Elena Clelia Budai ancora non è dato sapere. E, lasciamo questi rituali segreti alla artista. Certo potremmo dare descrizione dell’esecuzione, ma rimarrà sempre un aspetto creativo nell’ombra di quel mistero che le opere stesse emanano nella loro essenza di carattere. Una identità distinta che vive nel componente quale foglio in plastica PET, piuttosto che guaina bituminosa di ardesia, che impersona memoria legata alla radice della nostra cultura. Una ricerca nei rizomi femminili passati per proiettare dentro questo presente un futuro a venire. Comunicando con il linguaggio contemporaneo quella essenza che siamo oggi, senza rimanere dimentichi che potremmo ancora esserlo.

Le opere si presentano in materiali antitetici. Leggerezza e pesantezza. Le prime soffici, etere e le seconde fortemente radicate nel terreno. Pensieri e azioni. Concetti e corpi. Materiali sapientemente lavorati al fine di creare opere distinte capaci di narrazione, concretezza e estetica.

La delicatezza di fogli di plastica pari a drappi di seta svolazzanti, sospinti dal desiderio di intravedere ciò che al di sotto sta per comparire, evoca l’eleganza delle movenze danzanti di Tersicore. La forma che si compone via via che luci e ombre giocano con questo “stampato” inerte, diviene l’atto magico dell’opera. Un atto creato dal calore della trasformazione con pistola termica. Nefertiti, Maschera Africana, Astratti.

Un percorso fascinosamente ricercato. Una visione in cui la trasformazione quale effimera rivoluzione religiosa impersonata dalla sposa di Akhenaton, assume l’aspetto di maschera africana nell’espressione astratta. Immaginare questi astratti quali pensieri divini, spirituali, di natura egiziana, se pur mascherarti da una impronta selvaggia, potrebbe palesare l’immagine di questa regina della XVIII Dinastia che tentò per l’appunto, insieme all’inseparabile marito, di stravolgere la religione del suo tempo imponendo il culto di un unico dio.

Dunque, opere che insieme creano, se pur distinte una dall’altra, una narrazione di memorie e storia molto lontana.

La ruvidità delle guaine bituminose riveste l’invisibile. Una forza avvolgente che ferma e definisce la forma femminile. Estensione di garze pregne di granuli d’ardesia che ricompongono figure quali simulacri classici. Una visione della scultura rigorosamente legata al classicismo, interpretata con un lessico realistico industriale. La pesantezza del bitume impermeabilizza il concetto della scultura. Preserva una lontana cultura cui siamo legati. Una forza che affonda le radici nel cemento.

Aurora. Eos, dalle dita rosa, ogni mattina sorge e dona speranza a un nuovo giorno, a una nuova vita. Figura delineata, ma con i vuoti dell’incertezza a venire del proseguir del tempo. Bende che la avvolgono danzando con i quattro figli, Zefiro, Euro, Borea e Austero. Il moto della sua venuta come l’incanto indefinito del ballo galoppante dei cavalli del carro del Sole.

Venere. Venus, legata nel suo fascino dalla costrizione di annientare la purezza di bellezza iconica. Forse un tentativo di preservarne l’essenza con l’arte della mummificazione antica per lasciarla in vita al futuro.

Luce. Lux, Il capo con lo sguardo coperto volge verso l’alto, verso l’illuminazione. Uno sguardo diretto unicamente all’ Empireo, le permette di assorbire la celestialità della Luce suprema. Cosicché possa Ella a sua volta divenire una dispensatrice di tale Luce Divina.

Fascinazione, rito, magia. Una espressione di movimenti scultorei. Gesti leggeri realizzati da dita affusolate che tracciano in un lungo percorso senza tempo quella bellezza che le opere emanano. E, si presentano nello splendore magico di un tocco delicato, vellutato, tuttavia determinato dalla forza dei materiali impiegati.

©barbaracappello

Trento. Lì 28/08/2024

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